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Sovranità Digitale

Arriva la notizia che uno lo Schleswig-Holstein, uno degli stati federati della Germania, avvia il piano di passaggio da Microsoft a Linux. La memoria corre veloce al percorso fatto da Monaco di Baviera, nel 2013, annunciato più o meno allo stesso modo e parzialmente abortito nel 2017 e ripreso nel 2020.

I punti in comune però sembrano fermarsi qui, al titolo giornalistico. Il mondo è cambiato e con essa la tecnologia e la consapevolezza digitale. Se, da un lato, il mondo opensource sta vivendo un momento di importate evoluzione, tra cambi di licenza e spesso di business per evitare di essere fagocitati dai provider cloud o finire in fork più o meno arditi, l’amministrazione tedesca mira a un obiettivo molto diverso rispetto ai colleghi bavaresi.

La sovranità digitale

Monaco mirava a un abbattimento dei costi di licenza, Schleswig-Holstein mira alla sovranità digitale. A non dover dipendere da uno stato straniero per la gestione dei propri dati. Il piano denota la quasi assenza della voce “risparmio”. I soldi verranno investiti in prodotti sì opensource, ma di aziende tedesche (NextCloud e Open-Exchange) con relativi abbonamenti premium. Quindi, sia la formazione del personale che lo sviluppo ad-hoc delle soluzioni sarà a cura di aziende tedesche.

immagine che simboleggia la sovranità digitale dell'Europa

La roadmap è ben fatta e sembra poco incentrata su ideologie, soltanto, politiche. Ove non esista a oggi un software alternativo ritenuto all’altezza si continuerà a utilizzare il software proprietario (si cita, tra gli altri, Active Directory) e parallelamente si avvierà un progetto alternativo per la sostituzione. Presente anche la possibilità di usare software in macchine virtuali, per ridurre l’area esposta.

Da notare, come i software maggiormente citati siano direttamente legati a documenti ed email. Citato un bug che da Dicembre 2023 affligge Microsoft Exchange e per cui la casa di Redmond ha previsto una patch definitiva soltanto per Giugno 2024, e altri casi di bug gravi (e sfruttati da attaccanti) per cui i tempi di risoluzione sono stati superiori ai tre mesi. E, in terra teutonica, non hanno mai dimenticato lo scandalo dello spionaggio ai danni dell’allora Cancelliera Merkel.

Sfide e precedenti

Le sfide sono innumerevoli, ma ci sono tanti precedenti, nel bene e nel male, di cui fare tesoro. Il software open è ormai una realtà consolidata di altissimo livello e anche le soluzioni Microsoft, come il linguaggio .NET e il database MsSQL Server sono da anni multi piattaforma (anche se con alcune limitazioni). Anche la potenza di calcolo delle CPU entry-level rende facili le virtualizzazioni.

Non dimentichiamo che diversi processi simili sono già in atto da tempo in tutto Europa: anche il nostro Ministero della Difesa, nel 2015, ha iniziato il progressivo passaggio a LibreOffice. Così come la preferenza di software open, e da rilasciare open, da parte delle pubbliche amministrazioni.

In conclusione, siamo davvero, o possiamo davvero essere, i gestori e protettori dei nostri dati se questi transitano su server e software di un paese straniero nell’epoca delle cyber guerre? Il procedimento contro Microsoft 365 sarà l’ultimo atto di un lungo ping-pong tra big tech USA ed EU? Ha senso bandire tutte le aziende non europee?
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