Non passa giorno che no si legga di qualche nuovo algoritmo di Intelligenza Artificiale e di conseguenza di sistemi e processori per poterli addestrare e, cosa più importante, metterli in produzione. Si parla ancora poco delle nuove frontiere della ricerca, come la Ingegneria Neuromorfica.
La ricerca di potenza per calcoli specializzati spinge in alto i costi sia di hardware che di conseguenza di adattamenti e nuove strategie matematiche e relativo software. La ricerca dal lato dei consumi è duplice. Per i datacenter è necessario essere sostenibili, quindi la potenziale flessibilità si scontra con costi di raffreddamento e politico per essere carbon neutral entro il 2030. Per i dispositivi consumer, si combatte sul portare funzionalità avanzate su smartphone e in offline.
Non è un caso che AMD e Microsoft stiano sviluppando insieme un processore per i vati GPT sulla falsariga delle TPU di Google, anche togliersi dal giogo di Nvidia. La stessa Google, insieme a Apple, ha processori dedicati agli smartphone. Tutti questi processori sono però sviluppati per andare incontro alle esigenze dei calcoli che devono effettuare.
La Ingegneria Neuromorfica parte invece dal volere emulare il cervello umano creando neuroni e sinapsi artificiali. I processori Loihi 2 di Intel sono già in test in diverse aree di ricerca. Questo è il video di presentazione, insieme al software dedicato chiamato Lava. Se il primo processore aveva la “potenza” del cervello di una blatta, con la seconda generazione siamo arrivati a quello di una mosca.
Comparazioni azzardate a parte, la differenza è che ogni neurone chip può parlare con qualsiasi altro neurone chip. Inoltre, come per il cervello, il consumo di energia è nullo se comparato alle più moderne GPU.
La sfida più grande e le sue conseguenze etiche? Come e cosa impara, da solo, un cervello di silicio? Due chip neuromorfici potranno condividere informazioni in modo diretto o dovranno comunicare uno stato, una nozione, una sensazione come noi, unità carbonio?